
COMMENTO
Byron York’s Daily Memo – Dopo la discussione sull’aborto alla Corte Suprema, la frustrazione della Sinistra comincia a divampare.
Il tema del controllo che i Democratici hanno sulla politica di Washington, D.C. è stato oggetto di frustrazione, soprattutto tra l’ala progressista del partito ed i suoi cheerleader nei media, poiché i Democratici non sono stati in grado di attuare il loro programma dei sogni iper–progressisti, promesso durante la campagna elettorale del 2020. Sogni come la nazionalizzazione dell’amministrazione delle elezioni introducendo nuove modalità di voto che avrebbero favorito ai candidati Democratici, l’aumento dei numero dei giudici della Corte Suprema (il c.d. Court Packing) e l’eliminazione dell’ostruzionismo al Senato, tra i tanti.
Di nuovo, dopo le argomentazioni sull’aborto svoltesi mercoledì 1 dicembre davanti alla Corte Suprema, la frustrazione sta ora aumentando. La Corte ha una maggioranza di 6 a 3 giudici nominati dai Repubblicani che potrebbe anche rovesciare la famosa sentenza “Roe vs. Wade” (che negli Stati Uniti è alla base del riconoscimento di un diritto all’aborto, che non è espressamene sancito a alcuna legge federale essendo materia affidata ai singoli Stati dell’Unione, n.d.r.). Come, si chiedono alcuni Democratici, com’è stato possibile che ciò accadesse?
I Repubblicani potrebbero rispondere che non è del tutto così complicato. Nel 2016, dopo la morte nell’anno delle elezioni del giudice Antonin Scalia, la maggioranza repubblicana al Senato aveva respinto il candidato alla Corte del presidente Barack Obama. Poi, contro le aspettative dell’intera classe politica, Donald Trump aveva vinto la presidenza. Con un Senato repubblicano, Trump ha potuto scegliere il successore di Scalia (il giudice Neil Gorsuch, n.d.r.). Poi, sempre con Trump alla Casa Bianca ed un Senato a maggioranza repubblicana, il giudice Anthony Kennedy si è ritirato. E poi, sempre con Trump alla Casa Bianca e con un Senato repubblicano, il giudice Ruth Bader Ginsburg è morta. Trump e il Senato a maggioranza repubblicana hanno quindi scelto i due successori (i giudici Brett Kavanaugh e Amy Coney Barrett, n.d.r.). È così che funziona negli Stati Uniti (le nomine spettano al Presidente ma è il Senato che le deve approvare, n.d.r.).
Ma i Democratici vedono davanti una crisi, che ora si gioca sul caso dell’aborto. “La discussione della Corte Suprema sull’aborto di questa settimana ha accelerato un’urgenza tra i Democratici del Senato di alterare fondamentalmente il modo in cui la Corte opera”, ha riportato il Washington Post, “alimentata in parte dalla rabbia persistente per le manovre di conferma attuate dai Repubblicani che hanno portato a tre nuovi giudici conservatori negli ultimi quattro anni“.
Il pensiero di questi Democratici è che, se la Corte fa qualcosa a cui si oppongono, essa sia diventata “di parte“. Dunque, hanno bisogno di intervenire per renderla meno “faziosa”. “È difficile guardare [alla discussione sull’aborto] e non concludere che la Corte Suprema sia diventata un’istituzione faziosa“, ha detto il senatore democratico Brian Schatz sempre al Washington Post.
“Ieri abbiamo visto che la Corte è politicizzata“, ha detto la senatrice democratica Tina Smith.
“Dobbiamo pensare a modi per depoliticizzare i tribunali“, ha detto il senatore democratico Chris Murphy. “E uno dei modi per farlo è assicurarsi che nessun presidente possa riempirne i banchi”.
Gli alleati nei media sono intervenuti per sostenere che la Corte Suprema sia diventata addirittura una “istituzione antidemocratica“. Philip Bump del Washington Post ha definito i tre candidati di Trump – Gorsuch, Kavanaugh e Barrett – il “terzetto minoritario” alla Corte Suprema. “I tre [sono stati] nominati da un presidente che ha perso il voto popolare e confermati da senatori che rappresentano meno della metà della popolazione del paese e che hanno ricevuto meno voti cumulati di quelli che si sono invece opposti alle nomine”, ha scritto Bump. Nelle parole di un altro scrittore d’opinione del Washington Post, “La Corte Suprema affronta una crisi esistenziale di legittimità“.
Le argomentazioni sono state portate avanti da altri in tutto l’internet e nei notiziari via cavo – ed anche, sorprendentemente, all’interno della Corte stessa, quando durante la discussione sull’aborto, il giudice Sonia Sotomayor si è chiesta: “Questa istituzione sopravviverà al fetore che si sta spargendo nella percezione pubblica per cui la Costituzione e la sua interpretazione siano solo degli atti politici?”
L’idea dei Democratici-progressisti è quella di minare la legittimità di qualsiasi cosa faccia l’attuale Corte Suprema per poi sostenere che la Corte abbia bisogno di una “riforma” sotto forma ovviamente di più giudici nominati da un presidente democratico.
I Democratici hanno certamente avuto della sfortuna, ultimamente, quando si è trattato di Corte Suprema. Se Scalia fosse morto un anno prima, o se la Ginsburg fosse morta solo pochi mesi dopo, le cose sarebbero potute andare molto diversamente per il Partito, ed alcuni dei suoi legislatori potrebbero non arrivare a sostenere la distruzione della Corte oggi.
Per quanto riguarda il potere di far “saltare per aria” la Corte Suprema, va notato però che i Democratici non controllano la maggioranza dei seggi al Senato – è in parità, 50 a 50, il che significa che il Partito dipende da Kamala Harris per rompere qualsiasi voto di parità. Questo non è il tipo di maggioranza che possa far passare un enorme cambiamento nella Corte Suprema. E questo ha, naturalmente, portato alcuni di quegli stessi Democratici a sollecitare l’eliminazione dell’ostruzionismo legislativo, con il quale i Repubblicani (ma anche alcuni membri del loro stesso partito) possono bloccarli dall’aumentare i giudici della Suprema Corte.
I progressisti sono desiderosi di alterare fin dalle fondamenta la Corte Suprema sulla base di un voto di parità 50 a 50 rotto solo “a favore” dei Democratici da Kamala Harris.
Ma neanche questo sembra probabile che accada. Quindi, la frustrazione aumenta. Naturalmente i progressisti vogliono cambiare il mondo solo per soddisfare i loro gusti ma, forse, parte dell’attuale frustrazione è dovuta alla presa così debole che il Partito Democratico ha delle redini del potere a Washington, D.C. Hanno una maggioranza di una manciata di voti alla Camera e nessuna maggioranza al Senato ed un leader la cui età avanzata ha già spinto a parlare della sua non rielezione. Ed, in qualche modo, i progressisti vedono questo come una “base di potere” con cui cambiare comunque il paese. Certo che sono frustrati.
Byron York è il corrispondente politico capo del Washington Examiner e un collaboratore di Fox News. Ha seguito le amministrazioni Bush, Obama, Trump e ora Biden, così come il Congresso ed ogni campagna presidenziale sin dal 2000. È l’autore di “The Vast Left Wing Conspiracy”, un resoconto dell’attivismo liberal nelle elezioni del 2004. Già corrispondente dalla Casa Bianca per il National Review, i suoi scritti sono stati pubblicati sul Wall Street Journal, Washington Post, Atlantic Monthly, Foreign Affairs e New Republic. Laureato all’Università dell’Alabama e all’Università di Chicago, vive a Washington, D.C.